La cronaca di un’incontro
Maggio 2008
Sono davanti al computer in cerca di una scuola di tango…
Volevo imparare a ballare il tango da tanto tempo. Ma la quotidianità, un esperto sterminatore dei nostri sogni, teneva il mio in fondo ad un baule sotto sette sigilli. Questo baule, strapieno di altri sogni non realizzati, pesava ormai talmente tanto che io rischiavo di guadagnare un’ernia, spingendolo in avanti per la mia vita. Dovevo, o mollarlo definitivamente e vendermi in’eterna schiavitù della mia quotidianità, o ribellarmi contro la sua autocrazia e liberare i miei sogni. Decido per l’insurrezione. Il primo superstite che trovo fra una decina di cadaveri e che tiro fuori è il tango.
E’ semi soffocato e denutrito ma, per fortuna, vivo. Cerco di soccorrerlo sotto la sparatoria degli argomenti ragionevoli della mia mente, affidabile alleato dell’Angelo Sterminatore :- “siamo a maggio, non hai il tempo, non hai il partner, il tango costa, sei vecchia, non è serio!!!”, blà, blà, blà. La salvezza giunge dal primo annuncio che trovo su internet: “ …I corsi per principianti… la scuola “ Fattiditango”.” Il nome mi sembra più adatto per un covo dei drogati, piuttosto che per una scuola. Ma non posso più indugiare sotto il mirino del mio serial killer, via scetticismo, ora o mai più. Ma si, incoraggio il mio sogno, facciamoci di tango e lo trascino alla prima lezione per rianimarlo.
La sera dopo
Sono in una palestra. Il Maestro è alto più di un metro e novanta e pesa, a occhio e croce, ben cento chili. Mi scappa un sorriso ironico: ”saprà ballare questo qua?” Ma la diffidenza si trasforma immediatamente in uno stupore dopo i suoi primi passi. Sta soltanto accennando un tango, ma è leggerissimo, elegante, sembra che scivoli, non balla! La classe comincia a fare i primi esercizi e io mi metto a sedere. Ma niente panchina, mi mette in piedi e mi propone un ballo, subito! Io sono imbarazzatissima, lui è imperturbabile: mi sta diagnosticando.
Dai movimenti che faccio, senza nessuna domanda, capisce in che rapporto mi trovo con il mio corpo, se so sentire e seguire, quanto sono pesante. La mia lunga esperienza dell’attrice, regista e insegnante mi fa subito riconoscere in lui la professionalità, serietà e rigore. Il primo verdetto non è per niente incoraggiante: al piacere e al divertimento ci si arriva, ma dopo. Prima bisogna fare tanta strada, letteralmente intendo, cioè: camminare, camminare e camminare. Per quanto tempo? Un anno, tre, cinque… Tanto esercizio, tanto impegno, tanto lavoro, dipende da Lei.
Dalle memorie della mia infanzia teatrale sorgono gli insegnamenti dei miei maestri: vai da chi ti mette in difficoltà perché lui ti farà crescere. So che sarà dura, ma so anche che in questa scuola imparerò a ballare ed è questo che voglio. Ed è per questo che scelgo di studiare con lui.
Tutti i mesi seguenti del 2008.
E’ estenuante: mi mette a camminare per ore e ore. Alle lezioni richiede la massima concentrazione e precisione nell’esecuzione degli esercizi. Cura con ossessione la tecnica e il lato estetico del ballo. Non insegna le figure, ma i principi fondamentali, i quali col tempo si trasformeranno nella maestria, nel sapere personale che ti permetterà di tenere la testa anche ai più bravi ballerini. Ma a questo si arriva dopo. Per ora mi sento di ghisa, Maestro! “ Sei di ghisa! ” risponde. E’ spietato, di pochi complimenti. Non è l’assenza della generosità ma lo stimolo dell’ esigenza verso te stessa: un allievo deve conoscere tutti i suoi difetti per poterli correggere consapevolmente. E non deve accontentarsi di poco. E’ molto attento alla tua personalità, alla crescita, ai progressi che fai, perciò non usa sempre lo stesso metodo con tutti, ma crea un tuo percorso individuale. Non ti plasma alla sua immagine, ma ti aiuta a trovare la tua. Ha un amore incondizionato per il suo lavoro e un profondo rispetto per la tradizione alla quale appartiene. Questa rettitudine non prevede i compromessi e spesso lo rende scomodo. A breve distanza ti sembra molto antipatico quando si rifiuta di assecondare le tue richieste infantili di apprendere dopo tre mesi tutti i boleos possibili e immaginabili. Ma con il senno del poi vedi che la ragione stava dalla sua parte, poiché c’è il suo tempo per ogni cosa. Vive i tuoi successi con grande gioia e orgoglio ma ti tiene ben lontana dall’illusione di essere già arrivata.
Attraverso la tua pesantezza, goffaggine e paure ti guida verso la leggerezza, eleganza, sicurezza, senza badare tanto ai tuoi umori, alla tua stanchezza, alla tua noia, alle lacrime. Ti accompagna pazientemente verso l’incontro con il tuo Tango.
Un giorno…
E un giorno l’incontro avviene. All’improvviso ti accorgi che i tuoi piedi sono due piume e tu non calpesti più la terra ma ci scivoli sopra. Proprio come lui. Dopo tanti chilometri nel camminare indietro, dopo tante sgridate che hai preso, dopo tanta fatica che hai fatto, di colpo arrivi a comprendere con tutto il tuo essere il mistero dell’ intesa fra un uomo e una donna, uniti dall’abbraccio. Quell’ intesa antica e profonda che la nostra quotidianità ha rinchiuso in fondo di un baule, facendoci credere di averla perduta per sempre. L ‘intesa, che nello spazio dell’Angelo Sterminatore dura solo tre minuti -il tempo di un tango- ma nella dimensione del Sogno ha un indefinito tempo del piacere: un attimo e un’eternità. E i due ballerini, si staccano dal pavimento della prosaica sala da ballo e, petto a petto, volano sopra la vita, come gli amanti di Chagalle sopra un placido villaggio addormentato.
Un attimo dopo
Finito. Sono in uno stato di trance. Il Maestro ha un sorriso di una stanca ma soddisfatta levatrice, che ha assistito un parto difficile: “ Benvenuta nel Tango”.
Un anno e tre mesi dopo
Ora anche io sono fatta-di-tango. Vivo felicemente la mia infanzia tanguera e dicono che cresco bene. Il mio sogno si è ripreso ed è diventato robusto e piuttosto paffuto. Con la quotidianità siamo in una temporanea tregua: lei ha esaurito le pallottole e aspetta i rifornimenti, a me è piaciuto di scassinare i bauli, dunque nessuna delle due ha intenzione di capitolare. Continuo a prendere le lezioni di volo, detto tango. All’inizio di ogni incontro il mio Maestro mi chiede gentilmente di posare le ali sulla panchina, appoggiare bene i piedi per terra, assumere la postura corretta e… di rimettermi a camminare. Sempre all’indietro e sempre verso l’incontro con il mio Tango.
KARINA ARUTYUNYAN